I Difetti Della Vista

I difetti della vista

L’occhio umano è simile ad una macchina fotografica.
La cornea è una cupola trasparente posta nella parte più anteriore dell’occhio ed è paragonabile alla prima lente frontale dell’obiettivo di una macchina fotografica.
Dietro ad essa troviamo l’iride, un diaframma colorato che presenta al centro un foro rotondo chiamato pupilla, così come nella macchina fotografica ci sono il diaframma con la sua apertura centrale.
L’entità dell’apertura del diaframma determina la quantità di luce che può entrare nella macchina fotografica per colpire il sensore o impressionare la pellicola. Ciò succede anche nell’occhio, nel quale la pupilla si stringe o si allarga per ridurre o aumentare la quantità di luce che viene diretta verso la retina. Questo fenomeno consente all’occhio di funzionare in modo adeguato sia in condizioni di forte illuminazione che in condizioni di penombra.
Dietro il diaframma irideo troviamo il cristallino, la lente naturale dell’occhio. Essa permette di mettere a fuoco sulla retina le immagini provenienti da distanze diverse. Mentre nella macchina fotografica la messa a fuoco avviene in conseguenza del movimento avanti/indietro della lente interna dell’obiettivo, nell’occhio umano la regolazione del fuoco è ottenuta grazie al cambiamento di forma del cristallino sotto l’azione del muscolo che ne regola la focalizzazione, il muscolo ciliare. La contrazione di questo muscolo interno causa infatti l’incurvamento del cristallino e quindi l’aumento del suo potere refrattivo quando vi è la necessità di mettere a fuoco immagini vicine.
Le immagini che entrano nella macchina fotografica vengono messe a fuoco sul sensore di immagini di una fotocamera digitale o sulla pellicola. La luce che entra nell’occhio umano raggiunge la retina, dove le numerose cellule nervose fotorecettrici trasformano i raggi luminosi in impulsi elettrici e li inviano, attraverso il nervo ottico, al cervello dove l’immagine di quello che vediamo viene finalmente ricevuta e percepita. Per questa funzione recettiva sensoriale la retina è sicuramente la componente più importante dei nostri occhi. In una macchina fotografica, se il sensore è rotto o se la pellicola fotografica è rovinata, non potremo ottenere immagini di buona qualità. Allo stesso modo, nell’occhio umano, se la retina è danneggiata la visione delle immagini sarà scadente.
Tuttavia va sottolineato che l’occhio umano possiede delle caratteristiche uniche inarrivabili anche per la più sofisticata macchina fotografica. Quest’ultima è un dispositivo nel quale la luce viene misurata dai sensori o determina l’impressione di una pellicola. L’occhio umano è invece un dispositivo in cui l’immagine formata a livello retinico viene processata dal cervello e riaggiustata continuamente in base alla luminosità e al colore. Vi è cioè un continuo adattamento della sensibilità alla luce dell’occhio, sensibilità che nelle macchine fotografiche viene definita come ISO. La sensibilità alla luce di un occhio umano supera di gran lunga quella di qualunque macchina fotografica e per questo le immagini ottenute con l’occhio umano hanno una qualità nettamente superiore
I difetti di rifrazione (difetti della vista) sono disturbi della vista in cui i raggi luminosi paralleli che entrano nell'occhio non vengono messi a fuoco direttamente sulla retina causando una visione offuscata a distanze diverse secondo il tipo di difetto. La lunghezza dell’occhio, la forma della cornea o la rigidità del cristallino associata all’età possono ridurre la capacità dell’occhio di mettere a fuoco le immagini sulla retina, rendendo la visione offuscata.
I difetti di refrazione sono tre: la miopia, l’ipermetropia, l’astigmatismo. L’astigmatismo è un difetto che può combinarsi variamente con i primi due.
Nella miopia e nell’ipermetropia vi è solitamente una sproporzione tra la lunghezza dell’occhio e il potere rifrattivo delle lenti oculari, cornea e cristallino. Nell’astigmatismo vi è una curvatura asimmetrica della cornea o del cristallino.
La presbiopia non va considerato un difetto di rifrazione in quanto è un fisiologico processo di invecchiamento oculare che determina una progressiva incapacità a mettere a fuoco oggetti a distanza ravvicinata.
La miopia è un difetto della vista causato dal fatto che l’occhio è troppo lungo rispetto al potere rifrattivo della cornea e del cristallino. Un’altra causa meno frequente di miopia è una eccessiva curvatura della cornea. Nell’occhio miope i raggi luminosi vengono messi a fuoco davanti alla retina e non direttamente sulla retina. Un soggetto miope avrà difficoltà a vedere a fuoco gli oggetti lontani, mentre riuscirà a vedere quelli vicini. La miopia inizia a manifestarsi nell’infanzia o in età scolare e tende a stabilizzarsi all’inizio dell’età adulta, anche se talora continua a progredire con l’età.
La miopia è un difetto della vista presente nel 28 % della popolazione mondiale. Essa è più frequente nelle popolazioni dell’est asiatico. In queste regioni la miopia raggiunge una frequenza pari al 80-90% mentre la miopia elevata è presente nel 20% circa della popolazione di quell’area geografica.
Va segnalato anche che i casi di miopia sono in crescita in tutto il mondo, ed è stato possibile stimare che entro la metà del secolo i soggetti miopi saranno il 49,8% della popolazione globale. Ciò è dovuto al fatto che la comparsa della miopia può essere influenzata da alcuni fattori di rischio comportamentali.
Sicuramente esiste una forte evidenza che i fattori genetici abbiano un ruolo rilevante della comparsa della miopia. Sono stati identificati numerosi geni correlabili alla miopia che potrebbero spiegare perché, all’interno di una popolazione, solo alcuni individui diventino miopi. Tuttavia, proprio per l’alto numero dei geni correlabili alla miopia, il significato e l’utilità di queste scoperte sono oggi insufficienti per una loro reale applicazione clinica.
I fattori ereditari sono certamente importanti nella genesi della miopia. E’ stato dimostrato che gemelli identici hanno una elevata probabilità di avere lo stesso tipo di difetto della vista. Inoltre uno dei principali e documentati fattori di rischio per la miopia è l’avere genitori miopi. La cosiddetta miopia genitoriale sarebbe la prova di un contributo genetico alla comparsa della miopia.
Ma spesso genitori e figli condividono ambienti, stili di vita e tipo di educazione e, dal momento che la miopia è aumentata così rapidamente negli ultimi decenni, alcuni fattori ambientali e comportamentali hanno sicuramente un ruolo decisivo sullo sviluppo della miopia.
Diversi importanti studi sulla miopia hanno suggerito che il prolungato lavoro da vicino possa essere correlato con la comparsa della miopia. Non è stata osservata una differenza tra studio, lavoro o uso di dispositivi elettronici come tablet o smart phones.
Un altro fattore determinante nella comparsa della miopia è il tempo trascorso all’aria aperta. Diversi studi hanno osservato che l’attività all’aria aperta e alla luce solare riduce le probabilità di sviluppare una miopia e contrasta gli effetti del lavoro da vicino, diminuendo la progressione del difetto nei bambini già miopi.
La miopia compare generalmente nell’infanzia o in età scolare, tende a stabilizzarsi nella tarda adolescenza, ma può progredire fino in età adulta.
Generalmente la miopia viene diagnosticata in conseguenza di disturbi visivi lamentati a scuola, spesso sospettati dall’insegnante che segnala le difficoltà nel vedere la lavagna. Talora la diagnosi è occasionale nel corso di una visita di routine.
La visita oculistica completa è necessaria per stabilire l’entità della miopia, accertare l’eventuale presenza di problemi oculari associati e prescrivere la correzione adeguata.
L’entità della miopia viene definita in diottrie. La diottria è l’unità di misura del potere rifrattivo di una lente. Pertanto la miopia viene misurata sulla base del potere della lente necessaria per correggere il difetto.
I controlli oculistici nel soggetto miope devono essere periodici per verificare una eventuale progressione della miopia e quindi adeguare la correzione e per controllare lo stato di salute degli occhi.
La miopia può essere classificata in base alla causa che la determina, in base all’età di insorgenza e in base alle caratteristiche cliniche.
La causa principale della miopia è una disarmonia tra lunghezza dell’occhio e potere rifrattivo di cornea e cristallino. Il progressivo allungamento del bulbo oculare causa l’aumento della miopia che, per questo motivo, viene definita miopia assiale.
Altre cause della miopia comprendono un aumento della curvatura della cornea o del cristallino (miopia di curvatura) o un aumento dell’indice di refrazione di alcune strutture oculari come il cristallino (miopia d’indice).
La miopia può essere classificata in base all’età di insorgenza. Si distinguono pertanto la miopia infantile o congenita, se il difetto miopico si manifesta molto precocemente dopo la nascita, la miopia scolare, se essa compare durante il periodo della prima infanzia, e la miopia giovanile che si manifesta nella prima adolescenza.
Ma la distinzione sicuramente più importante nella miopia è quella basata sulle caratteristiche cliniche degli occhi miopi. In quest’ambito si distinguono la miopia semplice (che di solito non supera le 5-6 diottrie) e la miopia patologica o degenerativa, nota anche come miopia maligna o progressiva (che di solito va oltre 6-8 diottrie).
Tuttavia va detto che non tutti i soggetti con miopia elevata, cioè sopra le 6-8 diottrie, presentano una miopia patologica.
La miopia patologica è molto meno frequente di quella semplice. Pur con differenze importanti tra le diverse aree geografiche, solo il 4% della popolazione mondiale ha una miopia elevata e il 25% di questi soggetti sviluppa una miopia patologica. Tuttavia, pur essendo molto meno frequente della miopia semplice, la miopia patologica è la principale causa di cecità o di riduzione della vista sia nella popolazione orientale, dove è più diffusa, che in quella occidentale.
La suddivisione tra miopia semplice e miopia patologica è molto importante perché quest’ultima è caratterizzata da alcune anomalie della parte posteriore dell’occhio (segmento posteriore) che possono essere la causa di alcune alterazioni in grado di ridurre significativamente la funzione visiva.
Nella miopia patologica è presente un assottigliamento della parete oculare, in particolare della sclera, che è il guscio bianco che contiene le strutture oculari.
Ciò può essere la causa dell’insorgenza della maculopatia miopica e del distacco di retina, malattie severe della retina che possono portare ad un calo visivo permanente.
Nei soggetti in cui la miopia sia significativamente diversa tra un occhio e l’altro (anisometropia miopica) l’occhio più miope può diventare ambliope (“occhio pigro”). L’ambliopia consiste nel mancato sviluppo della normale acuità visiva in un occhio in cui, per diverse ragioni, le immagini non si formano correttamente sulla retina. Per questo motivo, nei primi anni di vita, la capacità visiva non si matura adeguatamente e la vista nell’occhio ambliope resta ridotta. E’ indispensabile correggere adeguatamente e precocemente il difetto della vista in questi occhi per evitare che si sviluppi l’ambliopia.

Il soggetto miope ha un rischio più elevato, rispetto agli individui non miopi, di sviluppare una serie malattie oculari. Tale rischio è tanto più consistente quanto più alta è la miopia.

Questo gruppo di malattie comprende:

  • La maculopatia miopica, una patologia della parte centrale della retina, che può ridurre significativamente la capacità visiva.
  • Il distacco di retina, condizione che richiede il trattamento chirurgico e che nel miope elevato può presentare particolari difficoltà e condurre ad un calo visivo permanente
  • La cataratta, l’opacità del cristallino, è più frequente nei soggetti miopi e può manifestarsi precocemente, soprattutto nelle miope elevate.
Il glaucoma, una malattia del nervo ottico che inizialmente provoca la perdita della visione periferica ma che può condurre alla cecità. Nel soggetto miope vi è un maggiore rischio di avere il glaucoma. In aggiunta, nel soggetto miope il glaucoma risulta spesso misconosciuto per la difficoltà nel raggiungere una diagnosi. Infatti il nervo ottico dell’occhio miope è più difficile da valutare e la pressione intraoculare spesso non raggiunge valori troppo elevati.
Il tempo trascorso all'aperto è un fattore ben noto in grado di ridurre la comparsa della miopia o di limitarne l’aumento. In particolare uno studio recente ha dimostrato che l'esposizione a più di 2 ore di l'attività all'aria aperta ogni giorno riduce la probabilità che si manifesti la miopia e contrasta gli effetti del lavoro da vicino nella progressione di questo difetto visivo.

Anche l’eccessiva attività a distanza ravvicinata, lavorativa o ludica, è stata individuata come un possibile fattore di rischio in grado di influenzare la comparsa o l’aumento della miopia. Tuttavia le evidenze scientifiche su questo elemento non sono completamente univoche.

Sono state proposte altre tecniche per ottenere un rallentamento della progressione della miopia. Tuttavia, ad oggi, l’aumento del tempo passato all'aperto e la diminuzione del tempo trascorso nel lavoro da vicino sono sicuramente due fattori importanti per ridurre la progressione della miopia. Il ruolo dell’applicazione da vicino è ancora controverso, ma la restrizione del tempo dedicato allo studio e alla lettura potrebbe comunque consentire ai bambini di passare più tempo all’aperto. Questo fattore sembra poter regolare la crescita degli occhi attraverso percorsi cellulari e biologici che richiedono un'ulteriore definizione, ma che appaiono coinvolgere la regolazione del tasso di rilascio di dopamina.
Alcuni studi importanti hanno suggerito che la somministrazione di atropina in collirio alla concentrazione dello 0.01% possa ridurre significativamente la progressione della miopia nei bambini di età compresa tra i 4 e i 12 anni. Gli effetti collaterali dell’atropina includono tachicardia, ritenzione urinaria, secchezza orale, arrossamento del volto. Tali effetti collaterali risultano molto ridotti o assenti utilizzando l’atropina a dosi ridotte. La sospensione del trattamento può causare una ripresa della progressione della miopia.
Diverse altre procedure sono state proposte per rallentare la progressione della miopia.

Tra questi l’uso di lenti per occhiali multifocali o bifocali associate a lenti prismatiche correttive, l’uso di lenti a contatto multifocali e le lenti con una graduale ipocorrezione periferica sfrutterebbero la riduzione dello sforzo accomodativo per vicino per ridurre lo stimolo alla miopizzazione.

Altre tecniche proposte includono, soprattutto nei soggetti miopi dell’est asiatico, l’uso dell’agopuntura (acupoint) o l’esecuzione particolari esercizi per gli occhi come quelli derivati dal metodo Bates (1903) o dal metodo del cosiddetto “biofeedback”.

Tutte queste procedure hanno dato risultati scientifici contraddittori, dimostrandosi vantaggiosi in taluni gruppi di pazienti e per nulla efficaci in altri.
L’ipermetropia è un difetto della vista nel quale l’occhio è troppo corto rispetto al potere rifrattivo di cornea e cristallino. I raggi luminosi vengono messi a fuoco in un punto virtuale dietro alla retina cosicché un soggetto ipermetrope fa soprattutto difficoltà a vedere gli oggetti vicini. Sarebbe necessario cioè che le lenti dell’occhio, cornea e cristallino, avessero un potere maggiore.

Per questo motivo l’aumento del potere rifrattivo del cristallino, ottenuto con lo sforzo per mettere a fuoco le immagini da vicino (accomodazione), può compensare, con una certa fatica, il difetto visivo. Pertanto, soprattutto in giovane età, e se il difetto non è molto elevato, è possibile che il soggetto ipermetrope riesca a vedere nitidamente sia da lontano che da vicino grazie allo sforzo visivo esercitato dai suoi occhi.

Con l’età il cristallino diventa più rigido e la capacità di mettere a fuoco le immagini si riduce. Questa è la ragione per la quale, nel soggetto adulto, l’ipermetropia rende difficile non solo la visione nitida di oggetti vicini, ma anche quella di oggetti lontani.

Nondimeno, nel caso di difetti ipermetropici elevati, anche nel soggetto giovane le immagini lontane, oltre che quelle vicine, possono risultare annebbiate.

In sintesi l’ipermetropia è un difetto di focalizzazione dell’immagine, tanto più evidente quanto più avanzata è l’età del soggetto ipermetrope.
La frequenza del difetto ipermetropico cambia con l’età. I bambini nascono fisiologicamente con circa 3 diottrie di ipermetropia che si riduce entro l’anno di vita a circa 1 diottria. Con la maturazione degli occhi la fisiologica ipermetropia si annulla fino a raggiungere l’emmetropia, cioè l’assenza di difetto visivo, in età scolare.

L’ipermetropia è rilevabile nel 10 % circa della popolazione. Tuttavia alcuni studi hanno osservato che la frequenza aumenta fino al 20 % nei soggetti di 40 anni e fino al 60% nei soggetti intorno ai 70 anni. Ciò conferma il fatto che in giovane età l’ipermetropia può essere compensata dallo sforzo accomodativo e pertanto non essere rilevata e che in età matura, poiché lo sforzo accomodativo viene progressivamente meno, essa risulti più facilmente evidenziabile.
Come nella miopia, anche nel caso dell’ipermetropia sono stati evidenziati una serie di geni correlati a questo difetto visivo, soprattutto nelle ipermetropie elevate associate a processi malformativi oculari. Nell’ipermetropia si può evidenziare una certa familiarità, cioè la tendenza del difetto visivo a manifestarsi all’interno di un ceppo familiare. Tale predisposizione familiare può essere riconosciuta in una certa parte dei casi, nemmeno troppo numerosa.
L’ipermetropia può essere diagnosticata casualmente durante un controllo oculistico di routine.

Infatti l’ipermetropia può passare inosservata in molti casi poiché, se lieve, può essere compensata, senza particolare difficoltà, dall’accomodazione, cioè dalla focalizzazione esercitata dal cristallino.

In altri casi, quelli in cui l’ipermetropia è più elevata, può manifestarsi l’astenopia accomodativa, un insieme di disturbi che include l’affaticamento degli occhi e la presenza di mal di testa dopo un lavoro prolungato da vicino, la difficoltà a concentrarsi e mantenere una chiara focalizzazione sugli oggetti vicini, l’apparente scarso interesse per la lettura, o un manifesto nervosismo dopo una concentrazione prolungata. In alcuni bambini, che spesso si strofinano gli occhi, la continua messa a fuoco può causare la comparsa di occhi rossi e di infiammazione del bordo delle palpebre (blefarite) accompagnati da bruciore e dolenzia oculare. Questi sintomi possono essere male interpretati e confusi con un quadro di blefarocongiuntivite se non viene ricercata adeguatamente l’eventuale presenza di un’ipermetropia.

La diagnosi di ipermetropia nei bambini richiede l’uso di colliri cicloplegici, colliri in grado di bloccare il muscolo ciliare dell’occhio e quindi la capacità di mettere a fuoco. Solo utilizzando questi colliri, che annullano la capacità di correggere spontaneamente il difetto visivo, sarà possibile valutare la totale entità dell’ipermetropia e procedere all’adeguata correzione.
La causa principale dell’ipermetropia è una disarmonia tra lunghezza dell’occhio e potere rifrattivo di cornea e cristallino (ipermetropia assiale). L’occhio ipermetrope è un occhio più corto del normale e per questo motivo il potere rifrattivo di cornea e cristallino non è sufficiente per focalizzare i raggi luminosi sulla retina.

Altre cause dell’ipermetropia comprendono una cornea più piatta (miopia di curvatura) o una modificazione dell’indice di refrazione del cristallino come ad esempio si può verificare in alcuni tipi di cataratta (ipermetropia d’indice).

Anche un’anomala posizione del cristallino naturale o di quello artificiale, se spostati all’indietro, possono dare origine all’ipermetropia di posizione.

Infine causa di ipermetropia elevata può essere l’assenza del cristallino, congenita o più spesso acquisita in seguito a traumi o interventi chirurgici (ipermetropia da afachia).
Un’ipermetropia non corretta può dare origine ai disturbi astenopeici precedentemente descritti, che possono essere risolti adottando un’adeguata correzione del difetto.

Il rischio principale dei soggetti ipermetropi, soprattutto se portatori di difetti elevati, è quello di manifestare uno strabismo. Si tratta di una forma di deviazione degli assi oculari verso l’interno chiamata esotropia, cioè strabismo convergente. Tale forma di strabismo viene definita accomodativa poiché è stimolata dalla focalizzazione oculare messa in atto per la correzione spontanea del difetto ipermetropico. Poiché l’accomodazione stimola l’effetto di convergenza (è il riflesso per la visione da vicino), il tentativo di correggere l’ipermetropia da parte dell’occhio si accompagna, in alcuni casi, alla convergenza degli assi oculari e quindi allo strabismo convergente. In questi casi è importante correggere completamente l’ipermetropia per bloccare lo sforzo accomodativo e con esso il riflesso di convergenza annullando così lo strabismo.

La deviazione degli occhi, se non corretta precocemente, può determinare, nei primi anni di vita, la comparsa di un’ambliopia nell’occhio deviato. Esso, in quanto deviato in un’altra direzione rispetto all’occhio fissante, non riceve adeguatamente le immagini dall’ambiente e per questa ragione non riesce a sviluppare una capacità visiva normale (ambliopia da deprivazione).

Lo stesso problema può verificarsi nel caso in cui sussista una differenza significativa nell’ipermetropia dei due occhi (anisometropia ipermetropica). Se il difetto visivo non viene prontamente corretto con occhiali, l’occhio con il difetto ipermetropico maggiore riceverà immagini più sfocate rispetto a quello meno ipermetrope e non svilupperà adeguatamente la sua capacità visiva, diventando così ambliope (il cosiddetto “occhio pigro”).

Negli adulti il rischio correlato ad un occhio ipermetrope è relativo all’affollamento dell’anatomia, cioè alla ristrettezza degli spazi all’interno di un occhio più corto del normale. Questa condizione, nei casi in cui gli spazi siano particolarmente ristretti, può provocare la comparsa di un glaucoma acuto.
L’astigmatismo è un difetto rifrattivo causato da una anomala curvatura della superficie corneale o del cristallino, che non è perfettamente sferica. Ciò induce lo sdoppiamento visivo delle immagini sia da lontano che da vicino. L’astigmatismo si può combinare con la miopia (astigmatismo miopico) o con l’ipermetropia (astigmatismo ipermetropico). Ciò significa che sia un occhio miope che un occhio ipermetrope possono anche essere astigmatici.
L’astigmatismo è un difetto frequente e, secondo importanti studi epidemiologici, può essere rilevato all’incirca nel 15% dei bambini e nel 40% degli adulti. Le percentuali variano secondo l’entità dell’astigmatismo.
Diversi studi hanno suggerito che non vi siano particolari correlazioni tra genetica e astigmatismo. Un'eccezione è rappresentata dal cheratocono, una malattia in cui si verifica un progressivo assottigliamento e sfiancamento della cornea che si manifesta con una progressiva comparsa di un astigmatismo irregolare. Sebbene nel 90% dei casi si tratti di una malattia sporadica, nel 10% dei casi è stata osservata una familiarità per la quale la frequenza della malattia nell’ambito di alcune famiglie è molto più elevata che nella popolazione generale. Si ritiene comunque che possano incidere sulla comparsa del cheratocono, oltre alla predisposizione genetica, anche fattori ambientali.
Spesso l’astigmatismo viene diagnosticato in combinazione con altri difetti visivi. Nell’occhio astigmatico la cornea non è sferica ma ovoidale o altrimenti detta torica e, volendo ricorrere ad un’estrema esemplificazione, ricorda la forma di una metà di una palla da rugby. Tale conformazione corneale causa la deformazione delle immagini che si formano sulla retina, provocando la percezione di uno sdoppiamento delle stesse.
L’astigmatismo è un difetto visivo in cui la cornea, o più raramente il cristallino, hanno una curvatura asimmetrica, nella quale si individuano un asse di maggiore curvatura e uno di minore curvatura. Questo è il motivo per cui le lenti correttive hanno un asse di orientamento. Si individuano diversi tipi di astigmatismo in relazione alla posizione dell’asse più curvo (secondo regola, contro regola e obliqui) ed alla regolarità della curvatura (regolare o irregolare).

Gli astigmatismi nei quali la curvatura della cornea è regolare sono generalmente presenti alla nascita e non si modificano nel tempo in modo significativo. Gli astigmatismi irregolari possono invece comparire anche in età adulta e sono legati di solito a malattie della cornea (come il cheratocono).
Anche nel caso dell’astigmatismo, come per la miopia e per l’ipermetropia, esiste il rischio di ambliopia. Ciò avviene in particolare negli astigmatismi monolaterali o in quelli bilaterali elevati. La mancata pronta correzione del difetto refrattivo potrà determinare la comparsa di un’ambliopia in uno o in entrambi gli occhi.

Va sottolineato il fatto che la comparsa di un astigmatismo, soprattutto se ingravescente, in un occhio che non era precedentemente astigmatico, deve essere attentamente indagata. Infatti l’insorgenza di un astigmatismo può essere causata da alcune patologie oculari, soprattutto della cornea, che inizialmente si possono manifestare con questo difetto visivo.
La presbiopia non va considerata un difetto di rifrazione. E’ un difetto visivo tipico dell’età matura. Esso è legato alla fisiologica e progressiva rigidità del cristallino che, con l’avanzare dell’età, non è più in grado di modificare la propria forma per mettere a fuoco gli oggetti vicini. La presbiopia pertanto si manifesta con la difficoltà di vedere nitidi gli oggetti a distanza ravvicinata.

La presbiopia si corregge con occhiali o lenti a contatto. Esistono anche alternative chirurgiche. Nel soggetto miope la presbiopia potrà essere compensata leggendo senza gli occhiali e quindi sfruttando il difetto miopico per vedere a fuoco gli oggetti vicini.
I metodi per la correzione dei difetti della vista sono numerosi, dal più comune uso di occhiali, all’uso di lenti a contatto, alla chirurgia refrattiva. Ciascuno di essi ha pregi e difetti, anche in relazione alle necessità di ciascun soggetto.
Gli occhiali sono il metodo più semplice e sicuro per correggere un difetto della vista e dovrebbero essere considerati come la prima opzione. La correzione con occhiali richiede la massima precisione nella prescrizione delle lenti necessarie alla correzione del difetto visivo e una perfetta centratura delle lenti stesse. La correzione di difetti visivi elevati trae vantaggio dall’uso di lenti ad elevato indice di rifrazione, meno spesse ed esteticamente più accettabili. L’uso di occhiali non riduce la progressione della miopia.
L’indicazione principale dell’uso di lenti a contatto è il desiderio di evitare di portare gli occhiali per correggere un difetto visivo. Oltre al lato estetico, per cui molti soggetti preferiscono il loro aspetto senza occhiali, la lente a contatto ha il vantaggio di migliorare la percezione del campo visivo e la qualità della vista ed offre un maggiore confort legato all’assenza dell’occhiale che poggia sul naso.

Va sottolineato che alcuni pazienti, come quelli con difetti rifrattivi elevati o con superfici corneali irregolari, raggiungono una funzione visiva adeguata solo con lenti a contatto.

La maggior parte dei portatori di lenti a contatto preferisce lenti morbide a causa della loro semplicità di utilizzo e solo il 10% usa lenti rigide gas-permeabili. Le lenti rigide in polimetilmetacrilato sono state praticamente abbandonate poiché non sono permeabili all’ossigeno.

Esistono tuttavia delle controindicazioni, relative o assolute, all’uso di lenti a contatto che comprendono alcune patologie delle palbebre, della congiuntiva, della cornea e del film lacrimale, o altre condizioni come ambienti di lavoro inadatti per la presenza di polveri, scarsa igiene personale, scarsa manualità nella manipolazione delle lenti.
Il rischio principale dell’uso di lenti a contatto è la cheratite microbica. Si tratta di un’infezione della cornea che può provocare la riduzione o, in casi rari, la perdita della vista o dell’occhio anche se trattata adeguatamente.

La cheratite si manifesta più spesso nei portatori di lenti a contatto morbide e soprattutto in coloro che utilizzano le lenti a contatto per molte ore durante la giornata, estendendo il loro uso anche nelle ore notturne. La cheratite è inoltre 5-10 volte più frequente negli utilizzatori di lenti ad uso prolungato rispetto ai soggetti che usano lenti giornaliere usa e getta.

Le cheratiti microbiche sono spesso legate a comportamenti inappropriati nell’uso di lenti a contatto. L’uso prolungato delle lenti a contatto determina la formazioni di depositi di proteine sulla superficie della lente. Lo Pseudomonas Aeruginosa, uno dei batteri più temibili e aggressivi, è anche quello più spesso causa di infezione corneale, essendo in grado di aderire ai depositi che si formano sulle lenti a contatto durante il loro uso. L’igiene nell’uso delle lenti a contatto è dunque fondamentale per prevenire la comparsa di cheratiti.

Un altro germe molto pericoloso è l’Acantameba, un protozoo parassita che vive nell’acqua e nel terreno. L’infezione che questo microrganismo causa è molto grave e la terapia particolarmente difficile. Per questa ragione non bisogna mai sciacquare le lenti a contatto con l’acqua di rubinetto.

Altre complicanze derivanti dall’uso di lenti a contatto sono la congiuntivite allergica gigantopapillare, la neovascolarizzazione corneale, la modificazione della curvatura corneale.
Chi usa le lenti a contatto deve osservare delle norme di igiene e di comportamento fondamentali per evitare il rischio di infezioni.

  1. Preparazione all’uso delle lenti. Le mani devono essere pulite e prive di sostanze estranee. Pertanto, prima di utilizzare lenti a contatto, è necessario lavare le mani con sapone delicato, risciacquarle bene e asciugarle con un asciugamano privo di lanugine. Evitare l’uso di creme, lozioni o cosmetici oleosi prima di maneggiare le lenti.
  2. Maneggiare le lenti. Le lenti vanno maneggiate con la punta delle dita evitando il contatto con le unghie. Abituarsi a indossare sempre la stessa lente per prima per evitare errori di lato. Rimuovere la lente dal contenitore e esaminarlo per verificare che sia pulito, trasparente e privo di graffi.
  3. Indossare le lenti. Le lenti vanno posizionate con tecnica monomanuale o bimanuale inserendo la lente a contatto dopo averla appoggiata sulla punta dell’indice. Se dopo aver posizionato la lente la visione risulta annebbiata potrebbe essersi verificata una delle seguenti condizioni: lente non centrata, depositi oleosi sulla lente, lente sull’occhio sbagliato, lente rovescia. In quest’ultimo caso, oltre a percepire un certo disconfort, la lente può piegarsi sull’occhio o muoversi eccessivamente durante l’ammiccamento. Mai inserire una lente a contatto asciutta.
  4. Uso delle lenti. Non dormire con le lenti a contatto. Non esporre le lenti all’acqua durante il loro uso (piscina, doccia, mare, idromassaggio, lavaggio dei capelli etc). Truccarsi gli occhi solo una volta indossate le lenti. Se durante il giorno si manifestassero disturbi quali bruciore, prurito o dolore agli occhi, sensazione di corpo estraneo, eccessiva lacrimazione, occhi rossi, visione offuscata è consigliabile rimuovere immediatamente le lenti e verificare, se possibile, la loro integrità. Se i disturbi scompaiono si può provare a reinserire le lenti dopo averle pulite. Se il problema persiste è necessario contattare un oculista.
  5. Rimozione delle lenti. Va effettuata manualmente senza utilizzare uncini o altri strumenti.
  6. Conservazione e pulizia delle lenti. Una volta rimosse, le lenti vanno pulite, risciacquate e disinfettate. Prima di rimuovere le lenti bisogna accertarsi di aver pulito il loro contenitore dapprima strofinandolo con le dita usando l’apposita soluzione disinfettante sterile, poi risciacquandolo con la stessa soluzione. Mai usare acqua per questa procedura. Asciugare il contenitore con tessuto pulito privo di lanugine. Il contenitore va mantenuto capovolto senza coperchio in attesa di riaccogliere le lenti a contatto dopo il loro uso. Il contenitore va cambiato almeno ogni 3 mesi.
  7. Le lenti vanno rimosse dagli occhi una alla volta, pulite strofinandole e risciacquandole usando la soluzione disinfettante. Vanno poi poste all’interno del contenitore precedentemente pulito ed immerse nella soluzione disinfettante fresca. Non usare contenitori con soluzione già utilizzata e non rabboccare i contenitori con soluzione fresca. Usare solo soluzione disinfettante fresca. Non usare acqua, soluzione fisiologica o sostituti lacrimali per conservare le lenti. Per la disinfezione può essere usata saltuariamente una soluzione con perossido di idrogeno. Le lenti vanno sempre sciacquate con soluzione disinfettante dopo averle prelevate dal contenitore prima di essere indossate nuovamente. Non usare saliva e non mettere in bocca le lenti a contatto.
  8. Controlli periodici e sostituzione delle lenti. L’utilizzatore di lenti a contatto deve sottoporsi a controlli periodici che dapprima saranno ravvicinati e poi, una volta raggiunta una sufficiente esperienza e sicurezza nel loro uso, potranno essere effettuati una volta all’anno. I controlli servono a verificare l’appropriato uso delle lenti, che deriva dall’osservazione di tutte le norme di igiene raccomandate, e gli eventuali problemi oculari legati all’uso delle lenti attraverso l’analisi delle condizioni di salute dell’occhio. Le lenti a contatto vanno sostituite a seconda della loro durata.
L’ortocheratologia è un metodo non chirurgico e reversibile per ridurre la miopia, definito anche tecnica di rimodellamento corneale. Si basa sull’uso di particolari lenti a contatto rigide per indurre una modificazione della forma corneale. Abitualmente le lenti a contatto interferiscono il meno possibile con la forma della cornea, appoggiando su di essa in modo da non esercitare alcuna compressione. Al contrario queste lenti rigide, dette a geometria inversa, vengono costruite in modo che la parte centrale eserciti una pressione sulla cornea per indurne l’appiattimento. Le lenti vengono indossate durante la notte e per questo la tecnica viene definita più propriamente ortocheratologia notturna. L’effetto correttivo, piuttosto imprevedibile, può raggiungere le 6 diottrie ma, una volta cessato l’uso delle lenti, la cornea tende a riprendere la forma originale.
Le complicazioni dell'ortocheratologia notturna sono le stesse descritte nei soggetti che usano lenti a contatto durante la notte (vedi più sopra). La cheratite microbica è l’evento più grave associato a questo trattamento ed è stato descritto nel tempo in diversi casi.
La chirurgia rifrattiva comprende tutte le procedure che hanno lo scopo di modificare la rifrazione dell’occhio.

Tra esse si distinguono le metodiche che agiscono modificando la struttura della cornea mediante un trattamento laser (chirurgia cheratorifrattiva) e quelle che includono l’inserimento nell’occhio di un cristallino artificiale, sia davanti al cristallino naturale (lenti fachiche) sia in sostituzione dello stesso.

La curvatura corneale può essere modificata anche utilizzando piccoli segmenti circolari di materiale plastico (ICRS - Intrastromal Corneal Ring Segment) inseriti all’interno di canali scavati nello spessore della parte periferica della cornea. Questa tecnica è riservata a casi molto complessi in cui sussistano particolari elementi patologici della cornea.

L’intervento laser ha dunque lo scopo di correggere il difetto visivo modificando il potere rifrattivo della cornea. In questo modo è possibile vedere senza occhiali o usando lenti molto più leggere rispetto a quelle usate prima del trattamento. Quest’ultimo, tuttavia, non è in grado di determinare un aumento della capacità visiva. La vista dopo l’intervento è la stessa presente prima dell’intervento ottenuta con occhiali o lenti a contatto.

Infine. dal momento che il trattamento laser agisce sulla cornea, esso non impedisce e non modifica la comparsa e la progressione della presbiopia, che è un difetto fisiologico legato all’avanzare dell’età dovuto alla variazione di elasticità del cristallino.
La chirurgia rifrattiva può essere presa in considerazione qualora un paziente desideri essere meno dipendente da occhiali o lenti a contatto, o quando ci siano ragioni professionali, personali o estetiche per non indossare gli occhiali o le lenti a contatto.
In generale la chirurgia rifrattiva può permettere di correggere un’ampia gamma di difetti visivi. Tuttavia è di fondamentale importanza che il chirurgo oculista effettui una precisa valutazione preoperatoria al fine di determinare la fattibilità dell’intervento e il tipo di procedura chirurgica più adatta per ciascun paziente.

Pertanto è necessario, prima dell’intervento, eseguire una serie di indagini diagnostiche. Innanzitutto vanno valutati con attenzione tipo ed entità del difetto visivo. Tale valutazione va fatta in condizioni normali e dopo aver instillato le gocce di collirio cicloplegico, cioè del collirio che blocca la capacità dell’occhio di mettere a fuoco le immagini.

Accanto alla precisa determinazione del difetto visivo è indispensabile un’accurata visita oculistica che escluda malattie oculari che possano controindicare l’intervento. Inoltre bisogna esaminare, utilizzando strumenti dedicati, la forma della superficie corneale, lo spessore corneale, il diametro e la motilità pupillare, la regolarità del film lacrimale, la motilità e l'allineamento oculare. Questi esami servono ad identificare condizioni patologiche, talora non così manifeste, che possono comportare esiti imprevedibili o peggio negativi della chirurgia cheratorefrattiva. In particolare la presenza di segni iniziali di cheratocono, anche molto lievi, controindicano decisamente l’intervento chirurgico per il rischio di sfiancamento corneale dopo l’intervento. Anche pupille molto grandi possono controindicare l’intervento per la possibilità che durante le ore serali vi siano fenomeni di aberrazione ottica potenzialmente molto fastidiosi per l’abbagliamento e gli aloni intorno alle fonti luminose che da essi possono originare.

E’ importante che gli utilizzatori di lenti a contatto, soprattutto se rigide, ne sospendano l’uso due settimane prima di eseguire la valutazione di idoneità per la chirurgia rifrattiva. Questo per la possibilità che le lenti a contatto causino una deformazione corneale (warpage corneale) che possa rendere pericolosamente imprecisi gli esami preoperatori.

Infine vanno valutate le caratteristiche caratteriali e psicologiche del soggetto che desidera sottoporsi alla chirurgia rifrattiva, poiché, in alcune circostanze, esse potrebbero influenzare il grado di soddisfazione del paziente.
Le procedure utilizzate per la correzione laser dei difetti della vista includono

  1. la PRK (PhotoRefractive Keratectomy)
  2. la LASEK (LASer Epithelial Keratomileusis)
  3. la LASIK (LASer In situ Keratomileusis)
  4. la SMILE (SMall Incision Lenticule Extraction)
La PRK è stata la prima tecnica utilizzata per la correzione dei difetti rifrattivi. Essa impiega un laser ad eccimeri, un particolare laser con una lunghezza d’onda corta che è in grado di vaporizzare i tessuti con una precisione del millesimo di millimetro (micron).

Questa tecnica prevede un’anestesia topica, cioè un anestesia di superficie con un collirio anestetico, che elimina il dolore ma mantiene la mobilità oculare.

Per effettuare il trattamento laser il paziente si distende su un lettino in posizione supina. Generalmente il trattamento è bilaterale e viene eseguito prima in un occhio e immediatamente dopo nell’altro. Mentre viene effettuato il trattamento in un occhio l’altro viene bendato. Prima di iniziare, la cute perioculare viene disinfettata e successivamente vengono applicati un telo adesivo intorno all’occhio e un piccolo dispositivo, chiamato blefarostato, per mantenere aperte le palpebre.

La procedura prevede inizialmente la rimozione dell’epitelio corneale (lo strato più superficiale della cornea) che viene effettuata meccanicamente con una spatola eventualmente con l’aiuto di una soluzione alcolica. L’asportazione dell’epitelio corneale espone il tessuto corneale sottostante che dovrà essere modellato dal laser. Successivamente viene effettuata l’ablazione laser. Quest’ultima, pianificata in precedenza sulla base del tipo e dell’entità del difetto rifrattivo, ha una durata molto breve, nell’ordine dei secondi. Durante l’azione del laser l’occhio deve stare fermo fissando una mira luminosa. Piccoli movimenti oculari sono compensati da un sistema di tracking che consente al laser di seguire l’occhio durante il trattamento.

Al termine della procedura viene applicata una lente a contatto che viene lasciata in sede per qualche giorno fino alla completa ricrescita dell’epitelio corneale e quindi rimossa.
La LASEK è una variante della PRK nella quale la procedura eseguita tenta di preservare l'epitelio corneale. Dopo aver applicato alcol etanolo diluito sull'epitelio corneale, vengono utilizzati in sequenza un trapano epiteliale e una spatola per incidere, sollevare e arrotolare l'epitelio. Esso rimane attaccato a un cardine nasale o superiore lasciando scoperta la superficie corneale che verrà modellata dal laser. Una volta eseguita la fotoablazione, l'epitelio corneale viene srotolato sulla superficie corneale centrale. Una lente a contatto viene posizionata e lasciata in sede per alcuni giorni finché la superficie corneale non viene regolarmente ricoperta da un epitelio integro.
E’ la tecnica più diffusamente utilizzata nella correzione laser dei difetti rifrattivi.

Come le altre tecniche di chirurgia rifrattiva laser viene effettuata in anestesia topica. La procedura prevede dapprima la creazione di un flap corneale, cioè di un lembo di tessuto corneale incernierato su un lato. Tale lembo viene sollevato e rovesciato per esporre la superficie corneale interna che viene rimodellata dal laser ad eccimeri. Al termine del trattamento il flap viene riposizionato per ripristinare la morfologia corneale.

Per molti anni il flap corneale è stato creato utilizzando uno speciale bisturi automatico chiamato microcheratomo che utilizza una sottile lama in acciaio, oscillante sul piano orizzontale, comandata da un motore elettrico ad alta velocità. Oggi invece viene utilizzato il laser a femtosecondi che è un laser in grado di tagliare i tessuti con la precisione del micron. Si tratta di un vero bisturi laser. Per questo motivo esso garantisce una maggiore precisione nella creazione del flap e quindi anche una maggiore sicurezza.

Al termine della procedura non è necessario applicare una lente a contatto come invece avviene nelle tecniche in cui viene rimosso l’epitelio corneale, cioè PRK e LASEK.
Da qualche anno è stata introdotta una nuova tecnica di chirurgia corneale denominata Small Incision Lenticule Extraction (SMILE).

E’ una tecnica che viene effettuata utilizzando solo il laser a femtosecondi e non usa il laser ad eccimeri. Questa procedura per ottenere il rimodellamento della cornea, invece di vaporizzare una parte del tessuto corneale, prevede la rimozione di un disco sottilissimo di tessuto chiamato lenticolo, il cui spessore verrà calcolato sulla base del difetto rifrattivo da correggere. Il laser esegue un taglio internamente alla cornea isolando il lenticolo corneale che viene poi estratto attraverso un’incisione.

Anche questa tecnica viene effettuata in anestesia topica. Non è necessaria l’applicazione della lente a contatto al termine dell’intervento.
Le controindicazioni alla correzione laser dei difetti della vista comprendono una serie di condizioni che espongono al rischio di incorrere in complicanze postoperatorie. Pertanto è necessario verificare, durante la valutazione preoperatoria, ogni situazione clinica in grado di complicare il trattamento laser e i suoi risultati.

Le controindicazioni principali includono l’instabilità del difetto visivo, alcune patologie corneali come ad esempio il cheratocono, uno spessore corneale eccessivamente ridotto, la presenza di cataratta, un glaucoma non controllato, alcune patologie palpebrali o della superficie oculare, un diametro pupillare eccessivo. Esistono anche condizioni sistemiche che possono influenzare il risultato dell’intervento come la tendenza alle cicatrici esuberanti, l’immunodepressione, le malattie autoimmuni.
Il vantaggio principale delle tecniche di ablazione di superficie (PRK e LASEK), rispetto alla LASIK, consiste nel fatto che non si crea un lembo corneale. Ciò evita tutte le possibili complicanze correlate all’esecuzione del lembo. Inoltre la mancanza del flap permette di mantenere intatta una maggiore quantità di tessuto corneale profondo.

Gli svantaggi di PRK e LASEK, rispetto alla LASIK, includono un maggiore disagio dopo il trattamento (della durata media di 48-72 ore) e un recupero della vista più lento a causa del tempo necessario alla riepitelizzazione corneale. Inoltre, nelle tecniche di superficie, la comparsa postoperatoria di un annebbiamento corneale (haze)(vedi complicanze), anche se rara, è più frequente rispetto a quanto accada dopo LASIK.

La SMILE ha i vantaggi della LASIK, con pochissimi disturbi dopo il trattamento e con un recupero visivo quasi immediato. Possono essere corrette anche miopie elevate. Nella tecnica SMILE non viene creato un lembo ma viene asportato un sottile disco di tessuto corneale con le possibili complicanze correlate. (vedi complicanze).
Una serie di studi sistematici ha dimostrato che LASEK, PRK, e LASIK possono essere ugualmente efficaci nella correzione della miopia. Pertanto, la scelta della tecnica può dipendere dalle caratteristiche del singolo paziente o dalle preferenze del chirurgo. In generale, tutte le procedure basate sull’uso del laser ad eccimeri possono avere risultati ottimi se utilizzate per correggere miopie di grado basso o moderato mentre risultano meno prevedibili e sicure se impiegate per trattare difetti miopici elevati. Il trattamento laser delle miopie elevate espone al rischio di annebbiamento corneale (haze), di perdita di capacità visiva, di ectasia corneale e di ripresa del difetto visivo (regressione). Le miopie elevate possono essere trattate utilizzando procedure alternative come SMILE, impianto di IOL fachica o sostituzione del cristallino. Anche nel caso della correzione dell’ipermetropia, eseguita meno comunemente, il trattamento laser può offrire buoni risultati nelle ipermetropie di basso grado mentre risulta meno prevedibile e meno sicuro nelle ipermetropie più elevate. In queste ultime esiste inoltre una percentuale di regressione, cioè di ripresa del difetto visivo, superiore rispetto alle basse ipermetropie. In generale il recupero visivo è più rapido dopo LASIK e SMILE e più lento dopo le tecniche di superficie (PRK e LASEK). Inoltre il recupero visivo è più rapido dopo correzione della miopia e più lento dopo correzione dell’ipermetropia. Nel primo periodo dopo l’intervento è possibile che si verifichino una transitoria ipercorrezione, accompagnata da una relativa difficoltà nella visione da vicino, e la visione di aloni intorno alle fonti luminose. Entrambi questi disturbi regrediscono nell’arco di qualche settimana. La correzione del difetto visivo diventa stabile entro sei mesi, durante i quali possono esserci fluttuazioni nella visione che comunque è molto soddisfacente.
La gestione postoperatoria è parte integrante del risultato di qualsiasi procedura chirurgica.

Subito dopo la procedura laser vengono somministrati antibiotici in collirio per alcuni giorni e sostituti lacrimali. Successivamente vengono somministrati cortisonici in collirio il cui dosaggio viene ridotto gradualmente nell’arco di settimane o mesi. Il cortisone in collirio può causare un aumento transitorio della pressione intraoculare (IOP) che può essere controllato con la somministrazione di colliri ipotonizzanti, cioè in grado di ridurre la pressione intraoculare.

Nelle tecniche di superficie, nelle quali viene asportato l’epitelio, il dolore postoperatorio dei primi due o tre giorni può essere mitigato dalla presenza della lente a contatto e può essere ridotto utilizzando antinfiammatori (FANS) in collirio e/o analgesici orali. Tuttavia, poiché le gocce di antinfiammatorio possono ritardare la ricrescita dell’epitelio e la guarigione corneale, esse devono essere utilizzate sotto attento controllo medico. L'epitelizzazione corneale di solito è completa dopo 3-5 giorni dall'intervento. Una volta avvenuta, è possibile rimuovere la lente a contatto posizionata al termine del trattamento.

A differenza delle tecniche di superficie, dopo un trattamento LASIK ci si può aspettare solo un lieve disagio nel primo giorno postoperatorio. Vengono somministrati antibiotici e corticosteroidi in collirio che vengono utilizzati per un breve periodo dopo l'intervento.

Dopo ogni trattamento rifrattivo sono necessari, per il monitoraggio del decorso postoperatorio, controlli periodici la cui cadenza verrà stabilita dal medico oculista.
La chirurgia refrattiva è una chirurgia molto precisa e molto sicura. Tuttavia in rari casi possono manifestarsi alcune complicanze.

Le complicanze comuni a tutti i trattamenti comprendono l’infezione della cornea (rarissima ma potenzialmente molto pericolosa e talora legata a stati di immunodepressione), il decentramento del trattamento (oggi molto raro per la presenza dei sistemi tracker nei laser moderni e più frequente nei trattamenti ipermetropici), il risultato refrattivo inadeguato (sottocorrezione o eccessiva correzione del difetto visivo, complicanza di solito relativa alla correzione dei difetti elevati), la comparsa di aberrazioni visive (come abbagliamento o visione di aloni), l’aumento della pressione intraoculare (in conseguenza della somministrazione di colliri cortisonici), la comparsa o il peggioramento dei sintomi da occhio secco (questa complicanza è più frequente dopo LASIK, può perdurare per alcuni mesi per poi scomparire entro un anno e richiede la somministrazione di colliri sostituti lacrimali).

Esistono poi le complicanze specifiche per ogni procedura. Poiché nelle tecniche di superficie viene asportato l’epitelio corneale, le principali possibili complicanze di PRK e LASEK sono il ritardo di crescita dell’epitelio (che potrà avvenire più lentamente rispetto alle normali 48-72 ore) e il cosiddetto haze (la comparsa di una opacità e di una irregolarità degli strati superficiali della cornea che può comportare un calo della vista). L’haze si manifesta soprattutto dopo la correzione di difetti della vista elevati. Esso può regredire spontaneamente dopo qualche mese dal trattamento o dopo terapia con cortisone in collirio. In alcuni casi è necessario un intervento laser successivo per asportare l’opacità. Nei casi più gravi l’haze può recidivare e persistere nonostante il trattamento.

Le complicanze della tecnica LASIK sono legate fondamentalmente alla creazione del flap corneale.

Se il lembo corneale non si giustappone perfettamente sul letto corneale una volta rovesciato al termine del trattamento, si possono creare delle pieghe sul lembo chiamate strie (che possono essere lievi – microstrie – o più ampie – macrostrie) in grado di produrre aberrazioni visive anche severe.

Il lembo corneale può andare incontro a dislocazione, più spesso precocemente ma anche dopo anni in seguito ad un traumatismo. In questi casi è necessario riposizionare il lembo dislocato.

Lo spazio virtuale tra lembo corneale e cornea sottostante viene definito interfaccia. Se in questo spazio si insinuano cellule epiteliali si realizza il cosiddetto ingrowht epiteliale, che richiede il sollevamento del lembo e il lavaggio dell’interfaccia.

L’interfaccia tra lembo e cornea può essere anche sede di infiammazione. La cheratite lamellare diffusa (DLK - Diffuse Lamellar Keratitis) è un'aggregazione non infettiva di cellule infiammatorie confinate nell'interfaccia lamellare. Se non trattata può progredire fino allo stato denominato “Sabbia del Sahara ” per la sua colorazione. Può essere causata detriti (provenienti dalla lama meccanica del microcheratomo, da guanti, teli, soluzioni detergenti, secrezioni delle ghiandole palpebrali, antigeni batterici, residui epiteliali. Il trattamento della DLK richiede l’uso di cortisonici o il sollevamento del flap corneale con lavaggio dell’interfaccia.

Una complicanza particolarmente severa osservabile dopo LASIK, ma talora anche dopo PRK, è l’ectasia corneale. Si tratta di uno sfiancamento della cornea che si verifica dopo diverso tempo dal trattamento. Esso comporta la comparsa di un astigmatismo irregolare e l’aumento della miopia. La sua frequenza è molto ridotta e spesso è legata al trattamento inavvertito, avvenuto soprattutto negli anni passati, di occhi affetti da cheratocono. L’ectasia corneale può essere trattata con lenti a contatto, cross-linking corneale (CXL) e segmenti di anello corneale intrastromale (ICRS). Nei casi più gravi può essere necessario il trapianto di cornea.

Complicanze specifiche della tecnica SMILE sono la creazione di un disco corneale incompleto o la rottura del disco durante la sua estrazione.
Le controindicazioni per la chirurgia refrattiva intraoculare comprendono alcune condizioni che possano rendere impreciso il risultato rifrattivo finale o che possano determinare un danno per l’occhio una volta effettuato l’impianto.

Le principali controindicazioni sono l’instabilità del difetto visivo, la presenza di una cataratta, una camera anteriore poco profonda, una patologia dell’endotelio corneale, un glaucoma non controllato, infiammazioni oculari, infiammazioni palpebrali, un diametro pupillare eccessivo.
Nella correzione dei difetti visivi elevati l’impianto di IOL fachiche si è dimostrato superiore alle tecniche laser. Un numero elevato di pazienti raggiunge ottimi risultati rifrattivi. Alcuni studi hanno dimostrato che i pazienti con vizi di rifrazione elevati sviluppano aberrazioni ottiche se sottoposti a tecnica LASIK invece che ad impianto di IOL fachica.
I rischi legati all’impianto di IOL fachiche comprendono le complicazioni generalmente associate alla chirurgia intraoculare. Le potenziali complicanze dovute all’impianto di IOL fachica sono piuttosto rare e includono l’infezione postoperatoria (molto rara), la formazione di cataratta (più frequente sopra i 50 anni, può essere legata a microtraumi del cristallino durante l’intervento o al contatto cronico tra IOL fachica e cristallino), la perdita di cellule dell’endotelio corneale endoteliali, un infiammazione cronica, la distorsione dell'iride o l’ovalizzazione della pupilla, una dispersione del pigmento irideo all’interno dell’occhio, un aumento della pressione intraoculare, una dislocazione della IOL fachica.
Si tratta di un intervento del tutto identico all’intervento di cataratta nel quale la sostituzione del cristallino non viene effettuata per la presenza di una cataratta bensì per correggere l’errore refrattivo. I vantaggi includono una rapida riabilitazione e la prevedibilità del risultato refrattivo. Gli svantaggi includono la perdita dell’accomodazione nei pazienti più giovani e il rischio di complicanze postoperatorie che sono identiche a quelle della chirurgia standard della cataratta. (Vedi chirurgia della cataratta)

La tecnica chirurgica è la stessa impiegata nella chirurgia della cataratta. Il calcolo del potere del cristallino artificiale da impiantare avviene con le stesse modalità adottate nella chirurgia della cataratta.
La tecnica di sostituzione del cristallino ha dimostrato risultati rifrattivi ottimi e prevedibili. Tuttavia bisogna considerare i rischi legati ad un’estrazione del cristallino trasparente, specialmente se eseguito in giovane età. Tra le possibili complicanze potenzialmente pericolose per la vista, oltre all’infezione, all’emorragia intraoculare e all’edema maculare cistoide, va sottolineato il considerevole aumento del rischio di distacco di retina che può presentarsi a distanza di tempo variabile dall’intervento, anche se condotto perfettamente.
Il metodo più semplice per correggere la presbiopia è l’uso di occhiali per lettura. Possono essere impiegate lenti monofocali, bifocali, trifocali o progressive. Anche le lenti a contatto vengono utilizzate per la correzione della presbiopia, sia morbide che rigide gas permeabili con ottica asferica o multifocale.

Alcuni pazienti preferiscono utilizzare la monovisione, cioè utilizzare un occhio per vedere da lontano e uno per vedere da vicino. La monovisione può essere ottenuta con diverse strategie correttive, sia con occhiali che con lenti a contatto che con la chirurgia rifrattiva.

Va sottolineato il fatto che nessun metodo ideato per correggere la presbiopia è in grado di ripristinare l’accomodazione, cioè la fisiologica capacità del cristallino umano di modificare la propria forma per poter vedere da vicino e nessun metodo è in grado di riprodurre tale funzione utilizzando lenti artificiali. Pertanto tutte le tecniche di correzione della presbiopia ottengono la pseudo-accomodazione, cioè una condizione che simula l’accomodazione sfruttando sistemi che utilizzano diversi principi fisici.

L’approccio chirurgico più utilizzato per la correzione della presbiopia è la fotoablazione con laser ad eccimeri, ottenuta mediante tecniche di superficie (PRK e LASEK) oppure con LASIK. La correzione laser può essere effettuata per ottenere una monovisione, cioè correggendo il difetto visivo di un occhio in modo da raggiungere una buona visione da lontano e quello dell’altro occhio per avere una buona visione da vicino.

In alternativa esistono speciali programmi laser utilizzati per modificare la forma della cornea al fine di ottenere un profilo corneale multifocale. Questi trattamenti, chiamati PresbyLASIK e Laser Blended Vision, sono stati proposti negli anni più recenti sviluppando speciali algoritmi di trattamento. Si tratta di una tecnologia ancora in divenire che va applicata considerando attentamente le caratteristiche cliniche degli occhi da trattare. Per questa ragione non deve essere considerata una tecnica attualmente applicabile su larga scala.

Un'altra soluzione chirurgica per la correzione della presbiopia è rappresentata dai “Corneal Inlays”. Si tratta di piccoli lenticoli artificiali del diametro di pochi millimetri che vengono impiantati all’interno della cornea sotto un flap corneale o all’interno di una tasca corneale. Alcuni di questi dischi sono opachi con una piccola apertura centrale che simula una pupilla molto stretta. I risultati contrastanti ottenuti dopo il loro uso ne hanno limitato per il momento il loro uso.

L’approccio chirurgico più diffuso per la correzione della presbiopia è l’impiego di lenti intraoculari (IOL) multifocali utilizzate durante l’intervento per la sostituzione del cristallino catarattoso. Tuttavia in alcuni casi l’intervento viene eseguito con uno scopo solamente rifrattivo per correggere sia il difetto visivo che la presbiopia.

Le lenti multifocali sono state ideate negli anni 80. Inizialmente non hanno avuto un grosso successo a causa dei risultati non sempre soddisfacenti. Con il passare del tempo il progresso tecnologico ha portato alla realizzazione di lenti sempre più sofisticate che hanno dato ottimi risultati. Il disegno di queste lenti si basa su principi fisici piuttosto complicati ma che in sostanza ottengono una bifocalità basata una visione simultanea degli oggetti lontani e vicini. Questo tipo di visione può comportare, anche se raramente, la comparsa di effetti indesiderati quali abbagliamento o visione di aloni intorno alle luci.

Per ovviare a questi, seppure rari, inconvenienti, di recente sono state introdotte nel mercato le lenti intraoculari EDOF (Extended Depth Of Focus), cioè lenti ad estesa profondità di fuoco. Queste lenti, invece di essere bifocali, creano un’ampiezza di fuoco sufficiente per vedere nitidamente sia le immagini lontane che quelle vicine. Grazie alla particolare tecnologia delle lenti EDOF, gli effetti collaterali, osservabili con le lenti bifocali, sono estremamente rari.

Le lenti intraoculari multifocali e quelle EDOF, data la loro particolare tecnologia costruttiva, richiedono un’attenta valutazione preoperatoria del paziente e delle specifiche caratteristiche oculari per ottenere risultati rifrattivi che, nella maggior parte dei casi, possono essere molto soddisfacenti.

A fianco delle lenti multifocali si sono sviluppate, in passato, le IOL accomodative, lenti intraoculari con una particolare tecnologia costruttiva il cui intento era quello di modificare la forma e la posizione della IOL all’interno dell’occhio. Dopo un primo periodo di entusiasmo sono gradualmente scomparse dal mercato per la scarsa efficacia.

Altre tecniche utilizzate in passato, ed oggi abbandonate, per la correzione chirurgica della presbiopia comprendevano la termocheratoplastica conduttiva e le tecniche di espansione sclerale.

La termocheratoplastica conduttiva utilizza energia a radiofrequenza a basso livello per produrre una contrazione delle fibre di collagene nella periferia della cornea. Ciò determina un aumento della curvatura della cornea centrale che ne incrementa il potere refrattivo. Si tratta di una tecnica oramai in disuso.

Il meccanismo alla base delle tecniche di espansione sclerale, decisamente controverso, è la dilatazione dello spazio al di sopra dei corpi ciliari, le strutture oculari alle quali è ancorato il cristallino, in modo da consentire una maggiore efficacia del meccanismo di accomodazione. Queste tecniche prevedono la creazione di tagli radiali sulla sclera posteriormente alla cornea. Per aumentare l’espansione del tessuto sclerale alcuni ricercatori hanno proposto l’uso di tappi di silicone o di segmenti di silicone posizionati all’interno del tessuto sclerale. Sono tecniche oggi completamente abbandonate per la scarsa efficacia e per le possibili gravi complicanze che ad esse possono conseguire.